La cosiddetta Via Gemina era una importante strada romana, costruita ai tempi dell'imperatore Augusto, che univa Aquileia a Iulia Aemona (l‘odierna Ljubljana) e in questo mondo collegava l'Italia con il mondo danubiano. Si trattava di una vera e propria autostrada dell'antichità, completa di grandi opere quali stazioni postali e fortificazioni militari. Va comunque tuttavia ricordato che pero la strada romana ricalcava un percorso ancora più antico, la cosiddetta “via dell'ambra” e il cui percorso viene utilizzato tutt'oggi dall'autostrada moderna.
La via dell'ambra
L'opera ingegneristica più importante presente sulla Via Gemina era indubbiamente il grande ponte sull'Isonzo (Pons Sontii), che si trovava nei pressi dell'odierna Farra d'Isonzo (località Mainizza) circa 800 m a monte della confluenza della confluenza del Vipacco con l’Isonzo.
Ipotetica ricostruzione di come doveva apparire il Pons Sontii (Stasi, 2003)
Sulla Tabula Peutingeriana, copia medievale di un antico atlante stradale romano (itinerarium pictum) la cui ideazione viene normalmente attribuita a Marco Agrippa, illustrante le principali strade dell'Impero, si può vedere che il ponte e l'annessa stazione postale (mansio) si trovavano a 14 miglia (circa 22 km) da Aquileia.
Estratto della Tabula Peutingeriana
Al periodo romano risale anche un'ulteriore testimonianza fornita dallo storico greco Erodiano (170 – 250) che nella sua opera “Storia dell'Impero Romano dalla morte di Marco Aurelio all'ascesa di Gordiano III” fornisce una preziosa descrizione del ponte e delle sue “sfortune” belliche.
Durante il cosiddetto Bellum aquilense del 238, il generale romano Massimino il Trace, il primo dei così detti imperatori militari, marciò dal suo quartier generale di Sirmium (l'odierna Sremska Mitrovica) verso Roma per farsi proclamare imperatore dal senato. Nel disperato tentativo di fermare la sua avanzata, il ponte fu preventivamente distrutto dai Aquileiesi.
Ma, giunto al fiume, il quale sta discosto dalla citta sedici miglia, trovò che la piena delle acque avea dato fuori, squagliate essendosi le nevi de vicini monti che avea indurite la lunga invernata, e tanto era gonfio e impetuoso il torrente, che in nessun modo si poteva guadare. Nè passar si potea altrimenti, perchè quel bellisimo e magnifico ponte, edificato dagli antichi imperadori di pietre quadrate e ad arcate che andavano aumentando di dimensioni, stato era dagli aquilejesi tutto rotto e fracassato. Di maniera che non potendo l'esercito passare all altra riva, per non vi essere nè ponte nè sorte alcuna di navilj, si fermò Massimino titubante sul partito da prendere. In tale incertezza alcuni tedeschi, non sapendo quanto rapidi e impetuosi siéno i fiumi in Italia, e credendo che si volgessero giù pe piani con quell istessa calma che fanno quel di Germania, ove sogliono per tal cagione facilmente ghiacciare, presero animo a sgarare le acque montati in su cavalli valenti a nuotare, ma trascinati dalla corrente vi annegarono.
Massimino risolse il problema facendo realizzare un ponte galleggiante fatto di botti di legno legate tra di loro.
Vennero a lui alcuni ingegneri e gli dissero che in quelle deserte campagne si rinvenivano delle botti vuote e rotonde dalle quali que villani doveano servirsi per trasportare i loro vini e che avendo il concavo delle navi si sarebbero potuto collegare insieme e far gallegiare sulle acque nè vi essere a temere si affondassero quando le si fossero bene concatenate e con gente assai potersi ancora inzavorrare e con rami e terra render ferme e sodisime.
Busto di Massimino il Trace
Massimino comunque non riuscì mai a raggiungere Roma. La distruzione del ponte riuscì a rallentare la sua avanzata abbastanza a lungo e Aquileia ebbe il tempo di rafforzare le sue difese. Durante l'estenuante assedio della città i suoi stessi soldati si ribellarono e lo uccisero.
Vista la sua importanza, dopo questo sfortunato episodio il ponte fu probabilmente rapidamente ricostruito. Grazie a Paolo Diacono sappiamo che esso sopravvisse in qualche modo anche alla caduta del Impero Romano. Il cronista longobardo, nella sua opera Historia Romana, infatti menziona che il 28 agosto del 489 nei pressi del Pons Sontii gli Ostrogoti guidati da Teodorico sconfissero l'esercito erulo di Odoacre.
Paolo Diacono (720 – 799)
Lo stesso autore ci fa anche supporre che il ponte esistesse anche ai tempi dell'invasione longobarda dell'Italia. Nella sua opera Historia Langobardorum infatti menziona che il re Alboino affidò il Friuli al proprio nipote Gisulfo. Gisulfo accettò l'incarico a patto che il re gli assegnasse alcune farae di sua scelta. Le farae erano comunità (stirpi) di guerrieri con le rispettive famiglie che avevano forti rapporti personali con il duca. Probabilmente è proprio da una di queste farae che ricevette il proprio nome Farra d'Isonzo. L’effettiva presenza dei Longobardi a Farra e stata confermata anche da ritrovamenti archeologici. Il suo nome e la sua posizione sulla riva dell'Isonzo, nelle vicinanze del ponte romano, testimoniano che i Longobardi avevano affidato a guerrieri scelti la difesa di un punto probabilmente ancora altamente strategico.
Da questo punto in poi, però, le tracce storiche del Pons Sontii si perdono. Il ponte venne infatti a mancare in un punto non bene precisato durante i secoli bui. Appare comunque quasi certo che nel 967 non esistesse più. In quell’anno infatti l'imperatore Ottone I donò al patriarca Rodoaldo ampi possedimenti tra i quali figurava anche “... castrum quod vocatur Farra com omnibus suis pertinensis” (... il castello chiamato Farra con tutte le sue pertinenze). Omettere la presenza di un imponente ponte sarebbe stato un fatto alquanto strano, specialmente tenendo conto del fatto che la tassa di transito sarebbe stata una fonte di reddito non indifferente.
Poiché mancano anche notizie su eventuali redditi da traghettamento è plausibile che a quei tempi quel tratto di fiume perse la sua importanza strategica e che i transiti commerciali si erano spostati più a nord verso Gorizia.
Il Pons Sontii quindi spari dalla geografia e dalla memoria per più di un millennio, per poi essere riscoperto nel 800'. Ma di questo tratteremo nel nostro prossimo post.
Fonti:
- Dario Stasi: Quando l'Isonzo era un dio e Gorizia un ponte (2003)
- Liliana Ferrari, Donata Degrassi, Paolo Iancis (a cura di): Storia di Lucinico (2011)
- Silvano Cavazza (a cura di): Da Ottone III a Massimiliano I. Gorizia e i conti di Gorizia nel medioevo (2004)
- Erodiano: Storia dell'Impero Romano dalla morte di Marco Aurelio all'ascesa di Gordiano III
Prekrasna je :)
OdgovoriIzbrišiCon la caduta del Pont Sontis fu costruito il Ponte della Piuma (primo ponte di Gorizia).
OdgovoriIzbrišiQuindi il Ponte della Piuma andò a sostituire il vecchio ponte romano.
Il guado era presente dove dal 1928 sorge il Ponte della Statale.