nedelja, 20. avgust 2017

Le leggende di Duecastelli

Sia a Canfanaro sia nei villaggi circostanti, le vecchie leggende legate a Duecastelli circolano perlopiù tra gli anziani che sono però restii a raccontarle, soprattutto per timore d’essere derisi. Grosso problema, poiché queste storie tramandate da secoli fanno parte integrante dell’immaginario proprio di Duecastelli e quindi vale la pena di ricordarle e metterle per iscritto.
Le leggende riportate in seguito sono interessanti principalmente poiché, se uno conosce almeno a grandi linee il passato della città, è possibile trovare in esse descrizioni straordinariamente dettagliate di episodi realmente accaduti in una città che non esiste più da 400 anni! Ovviamente non possono essere prese alla lettera poiché mescolano tra di loro episodi accaduti in diverse epoche e contengono anche inserti interamente di fantasia, nati dalla superstizione popolare e dalla necessità di colmare le lacune nella memoria storica.


A ogni leggenda abbiamo provato ad aggiungere una possibile interpretazione, pur rendendoci conto dei “pericoli” di tale opera poiché non siamo degli esperti in questo settore e perlopiù siamo pure “forestieri”. I risultati quindi non hanno la pretesa di valore scientifico, ma rappresentano un primo tentativo di valorizzazione delle fonti orali.

La leggenda del tesoro di Duecastelli

Narra la leggenda che dentro le mura di Duecastelli sia sepolto un tesoro. Una volta, davanti alla città si incontrarono tre contadini decisi a trovarlo. Scavando, trovarono un pentolone pieno di monete d'oro sulle quali però sedeva un esserino nero dall’aspetto demoniaco che, in cambio del tesoro, chiedeva loro le anime. I contadini, che non erano in vena di negoziazioni, presero l'esserino per le orecchie per tirarlo da parte. In quel momento, con gran boato, apparve il diavolo in persona che colpì i contadini in maniera così forte da scaraventarli ai tre angoli dell'Istria.


Possibile interpretazione: Probabilmente la leggenda più nota, ma forse anche quella meno interessante. Storie di questo tipo sono, infatti, molto comuni, al punto che risulta addirittura difficile trovare un castello, abbandonato o meno, al quale non sia legata una qualche leggenda riguardante un tesoro nascosto. Questi tesori sono inoltre comunemente protetti da esseri demoniaci come draghi, fantasmi, ecc. Nel caso in questione c’è la peculiarità di avere a che fare con ben due esseri demoniaci e che, per prendere il tesoro, ci sia bisogno di rinunciare all’anima. Anche i “patti col diavolo” sono molto comuni, sebbene normalmente in contesti diversi. La combinazione di questi due “cliché” in una storia è forse dovuta alla nefasta fama di Duecastelli. D’interessante c’è anche l’utilizzo del numero magico 3 (tre contadini) e la sua estrapolazione alla forma dell’Istria (triangolo).


La leggenda della fondazione della città

Questa leggenda interpreta la costruzione di due forti con una gara tra due giganti, fratelli gemelli, e il drago del Canale di Leme, per conquistare la bella figlia di un pescatore. Il drago aveva il potere di trasformarsi in un bel giovane, e riusciva spesso a ingannare i due giganti. In fine i giganti decisero tra di loro che ad avere la fanciulla sarebbe stato quello che sarebbe riuscito per primo a costruire una torre. I due fratelli quindi incominciarono a costruire una torre ognuno sulla propria collina. La fanciulla non l’ebbe nessuno dei due poiché, spaventata dalla possibilità di finire prigioniera in una delle due torri, la poveretta spirò e la sua anima passò nella sirena con la quale spesso nuotava.

Possibile interpretazione: In passato era abbastanza comune considerare gli abitati e i fortilizi abbandonati opera di giganti vissuti in tempi lontani. In territorio sloveno questi giganti sono conosciuti come Ajdi e da loro prende il nome, per esempio, la città di Ajdovščina che è stata costruita sui resti della romana Castra. Non ci sarebbe quindi da stupirsi se fosse accaduto qualcosa di simile anche con Duecastelli, che venne costruito in un sito già precedentemente abitato e fortificato.
Il drago capace di assumere sembianze umane appare un po’ fuori contesto nella storia. Nella mitologia cristiana il drago simboleggia il male (il Diavolo) e le credenze pagane. La sua menzione quindi potrebbe ulteriormente indicare il passato “miscredente” del luogo.
La fanciulla è probabilmente il personaggio più interessante e potrebbe rappresentare la città stessa. Nella storia viene, infatti, enfatizzato il suo legame con il mare (figlia di un pescatore, nuota con una sirena) il che potrebbe rappresentare una reminiscenza dei tempi nei quali la ricchezza di Duecastelli era legata alla raccolta dei dazi doganali sulla merce che viaggiava per mare. Essa è inoltre contesa da più spasimanti e alla fine muore tragicamente: ciò potrebbe simboleggiare il destino della città di confine, perenne oggetto di contesa, che alla fine finisce in rovina.
Così come il drago, anche la sirena (nel senso “moderno” del termine) è un personaggio minore di difficile interpretazione. Nell’iconografia medievale le sirene simboleggiavano la vanità e la lussuria. Esse erano inoltre senz’anima.


Se seguiamo l’idea che la fanciulla rappresenti la città, il suo legame con il drago e la sirena potrebbe suggerire ciò che fino a poco tempo fa amavano predicare i preti di campagna: le città sono luoghi di perdizione e immoralità che un buon cristiano dovrebbe guardarsi bene dal frequentare.

La leggenda sulla peste

Secondo questa leggenda, Duecastelli scomparve per punizione divina. A salvarsi fu solo la famiglia di un pastorello. Di sera si presentò innanzi a un ragazzo, che faceva la guardia alle pecore, la peste sotto sembianze femminili e gli chiese se poteva portarla in braccio sullo sperone roccioso chiamato “Rupe di Sant Angelo” (Krug Sv. Anđela) nei pressi della città. Il ragazzo si preoccupò di non averne la forza poiché lei era grande e lui invece piccolo. La donna gli assicuro di essere leggera come una piuma e che non ci sarebbero stati problemi. Quando arrivarono in cima allo sperone, lei gli si presento come la peste e gli disse che durante la notte avrebbe ucciso tutti gli abitanti della città e di quindi portare i propri cari fuori dalla città se avesse voluto salvarli. Il ragazzo corse a casa e informò la madre, il fratello e la sorella che presero i loro pochi averi e se ne andarono verso Canfanaro della quale divennero i primi abitanti. Quelli che restarono a Duecastelli morirono tutti e le case abbandonate incominciarono a crollare.



Possibile interpretazione: La leggenda riassume bene la triste fine di Duecastelli. La peste sterminò gli abitanti della città e i pochi sopravvissuti decisero di trasferirsi a Canfanaro. Diversamente da come narra la leggenda, non furono i profughi a fondare questo paese le cui tracce e possibile trovare già in documenti risalenti al XI secolo. Stranamente la storia omette le ragioni per una punizione così severa.

La leggenda sul nome “Rupe di Sant Angelo” (Krug sv. Anđela)

A Duecastelli c’era l'usanza che prevedeva, per una ragazza accusata di non essere più vergine, la dimostrazione della propria innocenza gettandosi da una roccia situata lungo la strada che da Canfanaro conduce verso Duecastelli. Se l’imputata sopravviveva alla caduta, questo provava la sua innocenza, se invece moriva, questo significava indubbiamente che era colpevole. Una volta accadde che l'imputata, dopo essersi gettata dalla rupe per provare la propria innocenza, non atterrò sotto la roccia ma sorvolò il vallone e atterrò sopra le parete rocciosa dall’altra parte della valle (Ladićevi krugi). Poiché i giudici, i consiglieri e tutto il popolo videro volare la vergine come se fosse un angelo, decisero di chiamare la roccia da quel giorno in poi “Rupe di S. Angelo”.



Possibile interpretazione: La spiegazione del nome conferito alla pittoresca rupe e purtroppo assai prosaica. In cima a quella roccia, infatti, a suo tempo sorgeva una chiesetta (o più probabilmente una cappella?) consacrata all’arcangelo Michele (Sveti Mihovil). La chiesa viene menzionata per l’ultima volta nel 1801, quando essa era già in rovina. Che cosa abbia spinto la gente a costruire una chiesetta in un luogo cosi difficilmente accessibile rimane comunque un mistero.
Più interessante è invece la descrizione della prova alla quale venivano sottoposte le accusate che assomiglia molto a un’ordalia (dal latino medievale ordalium che significa "giudizio di Dio"), antica pratica giuridica basata sulla premessa che Dio avrebbe aiutato l'innocente in caso lo fosse davvero. L’accusato quindi risultava innocente se riusciva a completare la prova senza subire danni. Nell'Europa medievale l'ordalia era spesso "del fuoco" o "dell'acqua" ed era nella maggior parte dei casi applicata in caso di accuse di adulterio oppure di stregoneria. Nulla comunque si sa di una prova che contemplasse il salto nel vuoto oppure d’un tipo di esecuzione capitale con simili modalità.
Esiste comunque la concreta possibilità, che la descrizione della prova sia in realtà una reminiscenza alterata della cacia alle streghe che colpi l’Istria nel XVI e nel XVII secolo. Nel fondo del S. Uffizio (ai suoi tempi meglio noto con il nome di Santa inquisizione) dell'Archivio di Stato di Venezia e infatti possibile constatare che nel peridio 1550 – 1667 in Istria si siano svolti ben 16 processi per stregoneria.

La storia della “Corona del Corpo Santo” (Koruna sv. Tila)

Quando Duecastelli fu abbandonata e non ci abitava più nessuno, c'era il pericolo che qualcuno dissacrasse il Corpo Santo conservato nella chiesa di Santa Sofia. Le condizioni furono verificate anche da un inquisitore veneziano, che ordinò il trasferimento del Corpo Santo e dell’olio santo nella nuova chiesa parrocchiale di Canfanaro. Il trasferimento doveva essere effettuato con una solenne processione guidata dal vescovo di Parenzo. Il sacerdote di Canfanaro aveva fretta e organizzò il trasferimento per conto proprio. Il giorno dopo scoppio il caos perché il Corpo Santo era sparito dal tabernacolo. In preda al panico il sacerdote e i suoi canonici andarono a Duecastelli nella speranza di trovare una qualche risposta. Prima di arrivare a Duecastelli in un campo chiamato Corona (con il significato di campo recintato o recinzione) videro brillare qualcosa sotto il sole. Era il Corpo Santo che stavano cercando. Impauriti poiché precedentemente non avevano seguito le istruzioni dell’inquisitore, decisero di chiamare il vescovo di Parenzo che in solenne processione guidò il trasferimento del Corpo Santo a Canfanaro. Il Corpo Santo da allora non è mai più scomparso. La piccola parcella dove fu ritrovata il Corpo Santo si chiama ancora oggi “Corona del Corpo Santo” e si trova sotto le mura di Duecastelli, sul lato destro.

Possibile interpretazione: Forse si tratta di una reminiscenza di eventuali processioni che si svolgevano tra Duecastelli e Canfanaro quando la città era già abbandonata, ma la chiesa di Santa Sofia era ancora in funzione. Il “Corpo Santo” menzionato nella legenda in questo caso e molto probabilmente un’ostia che, secondo la dottrina della Chiesa, durante la celebrazione eucaristica si trasforma nel corpo di Cristo. In occasione del Corpus Domini ("Corpo del Signore"), una delle principali solennità cattoliche, si porta in processione proprio un'ostia consacrata.
Dall’altra parte è anche possibile che si tratti di una reminiscenza del trasferimento degli oggetti di valore, forse persino di qualche reliquia, nella chiesa parrocchiale di Canfanaro dopo l’abbandono di Santa Sofia. Questa tesi troverebbe conferma nel coinvolgimento di personaggi importanti (il vescovo, l’inquisitore). La sparizione del Corpo Santo potrebbe inoltre suggerire che dei furti a Santa Sofia siano affettivamente avvenuti.


Abbastanza stravagante è pure la menzione dell’inquisitore che, insieme al furto/ profanazione del “Corpo Santo”, potrebbe essere anche un richiamo alla - precedentemente menzionata - caccia alle streghe. Secondo le credenze medievali, infatti, durante il sabba le streghe eseguivano vari riti nei quali profanavano ostie e altri oggetti sacri.

La leggenda di Henry Morgan

Narra la storia che il famoso corsaro Henry Morgan combatté a lungo contro gli Spagnoli per conto dell’Inghilterra, ma che a un certo punto cadde in disgrazia presso le autorità inglesi che decisero di catturarlo. Per sfuggire alla cattura, si rifugiò nel Canale di Leme, da dove, insieme al suo equipaggio portò i tesori, accumulati negli anni, a Duecastelli e ivi li seppellirono. In seguito Morgan e i suoi tornarono alle navi e salparono di nuovo verso la Giamaica, lasciando il tesoro a Duecastelli. Secondo un'altra variante, Morgan e i suoi restarono in Istria, dove fondarono un villaggio che ancora oggi porta il suo nome.

Possibile interpretazione: Forse la più bizzarra tra le leggende riguardanti Duecastelli che però allo stesso tempo dimostra che le leggende possono spuntare anche in tempi moderni prendendo spunto da presupposti totalmente assurdi.
Da dove salta fuori quindi il celebre avventuriero a Duecastelli? La sua apparizione si può probabilmente imputare a una serie di strane coincidenze. L’avvio delle ricerche archeologiche sistematiche nella zona di Duecastelli con annessi scavi (Ma che staranno cercando tra quelle rovine? Sicuramente stanno cercando qualche tesoro sepolto…) coincideva proprio con il picco di popolarità dei film d’avventura di serie B di stampo piratesco nei quali ha fatto la propria comparsa persino il Canale di Leme nel ruolo di “fiordo e villaggio vichingo”. Per ulteriore strana coincidenza, nei pressi di Duecastelli, esiste effettivamente un abitato denominato Mrgani (Morgani sulle vecchie mappe).
La già cosi improbabile l’ipotesi di un viaggio di Henry Morgan dalla Giamaica fino in Istria può comunque venire definitivamente cestinata dopo la constatazione che l’abitato di M(o)rgani viene menzionato nei documenti già parecchi anni prima della nascita del celebre corsaro. 
La leggenda è comunque interessante poiché in essa notiamo il riciclo di due motivi che appaiono già nelle leggende più antiche: il tesoro sepolto e l’importante legame tra Duecastelli e il mare. 


In Istria quindi il capitano Morgan lo troverete al massimo in bottiglia.


Fonti:
Nikolina Petrić - Kulturno-povijesno nasljeđe Dvigrada (2015)
Moja putovanja Istrom i šetnja Pulom
Udruga Dvegrajci

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