Il cronista triestino Irenèo
della Croce (1625 - 1713), nome di battesimo Giovanni Maria Manarutta, studio
dai gesuiti a Trieste e successivamente entro nel ordine dei carmelitani
scalzi. Visse nei conventi di Venezia e di Padova, ma visito frequentemente la
città natale. Durante questi soggiorni si dedico alla raccolta di materiale
storiografico. Il suo lavoro dal titolo “Historia Antica e Moderna: Sacra e
profana, della città di Trieste, Celebre Colonia de'Cittadini Romani. Con la
Notitia di molt'Arcani d'Antichità, Prerogative di Nobiltà e Gesti d'Huomini
Illustri, Privilegi della Città, e Famiglie d'essa, Varietà d'Eruditioni,
Inscrittioni, Sassi, Mausolei, M. S. Succesi, Mutationi de Riti, e Domini, fin
a quest'anno 1698”
fu stampato nell’anno 1698 a
Venezia. L’opera e contraddistinta da uno spirito barocco ed e importante dal
punto di vista storiografico poiché nella sua stesura l’autore si avvalse di
documenti storici successivamente andati perduti.
Nell’opera si trova anche la
prima descrizione dettagliata della Val Rosandra (pp. 257-261), completa anche di un disegno
molto semplice e non prospettico dell’tratto della valle dove ai tempi di
Ireneo erano ancora ben visibili i resti dell…
…Acquedotto publico, le cui
Acque levate oltre sette miglia distante dalla Città sotto l'antico Castello di
Mocco O hora atterrato, e distrutto, e sopra la Villa di Bolonez verso Levante
poco lungi dalla Gabella, ove si riscuottono i Dati delle Merci, che si
traportano in Istria denominata Fifimperch P dall’esser cinto quel sito da
cinque asprissimi, & innacessibili Monti M composti dalla Natura di duro
Macigno, che più tosto appariscono distinti Scogli, & un sol sasso, e
separati Monti, mentre sopra essi non germogliano herbe, ne si vedono piante;
fra quali scorre, un Torrente addimandato la Rosanda F in cui s’addunano
l'Acque della pioggia compartite à gli stessi, che dividendo la Valle di Zaule
nel mezzo, doppo breve corso, con quasi continuo tributo dona tutto se stesso
al Mare.
Deve qui avvertire chi legge, che
le lit. dell’Alfabetto sparse in questa Descrittione dimostrano i luoghi
addotti nel Dissegno.
Nel piano, e quasi nel mezzo
degli accennati Monti, scorgesi un aspro sasso lungo piedi 10, & alto sei
in circa, sotto le cui radici da un bucco A assai capace formato dalla Natura,
sgorga un'abbondante Vena d'Acqua, non meno fresca, che perfetta, che per un
condotto artificiosamente fabricato drizzando il suo corso, tributava le sue
copiose acque alla Città.
La fabbrica di quest'Acquedotto
per quanto dimostrano l’avvanzate vestigia, che anco a giorni nostri
appariscono in diversi siti del Territorio, fu assai sontuosa, e massicia, e di
rilevante spesa, perche tutta a volto alto piedi cinque, e largo tre, mentre
corseggiando il Monte di Siaris, poi quello di San Michele, vedesi con straordinaria
meraviglia essergli aperta la Strada, quasi lo spacio d'un miglio con le punte
di scalpello, nei duri Macigni, che circondono gl'accennati Monti.
Incaminandosi poi verso la Valle
di Zaule dopo corteggiate con sontuosi rigiri varie Collinette, ritrovato più
facile il camino, penetrando hor le viscere de' piani, hor le vene de’ Monti,
hor il più imo delle Valli, e Campagne estende il corso verso la contrada di
Castiglione.
...
...
...
La prima uscita, che faceva
l'acqua del nostro Acquedotto dal Monte, A scorreva lo spatio di 50 passi in
circa per un Canale, B artificiosamente fatto, prima d'imboccarsi nel Condotto,
ò Tombino, C come si scorge nel qui ingiunto disegno, fatto abbozzare da me con
non poca fatica, per la penuria de'periti in tal'Arte.
Scorso l'accennato Canale,
entrava poi l'Acqua nel condotto, i vestigi della cui bocca, hoggidì ancora
fracassati appariscono, con quelli d'una Casa ivi à canto, D fabbricata, forse
per il Custode assegnato alla di lei custodia, e dell'Acquedotto, Indi poi
rinchiusa scorreva nel Canale con tuortuosi raggiri à piedi degl'accennati Monti,
summità de Colli, e profondità de Valli, fin'al ridursi nella Città, come già
dissi.
Commenti:
La sorgente dell’acquedotto
romano oggi porta il nome di Fonte Oppia. L’aspetto attuale sella sorgente non
corrisponde a quanto descritto da della Croce poiché la grande roccia fu fatta
brillare nel 1948 allo scopo di costruire una strada rotabile.
La sede daziale di Fifimperch fu
costruita intorno al 1690 e abbandonata alla fine dell ‘700 quando fu trasferita
a Basovizza. Nelle sue vicinanze fu successivamente costruito il palazzo Fünfenberg
che venne distrutto da un incendio alla fine della seconda guerra mondiale.
Dal disegno di della Croce si
evince che all’inizio del sentiero che parallelamente al Crinale porta verso la
chiesa di Santa Maria in Siaris, una volta si trovava una piccola edicola. L’edicola
fu distrutta durante la prima guerra mondiale.
I resti dell'acquedotto romano
Fonti: